PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI Progettato da Pio Piacentini, il Palazzo
per l'Esposizione Internazionale delle Belle
Arti, che troneggia lungo il tracciato di Via
Nazionale, viene inaugurato nel 1883. Dopo la
Prima Guerra Mondiale, il Palazzo ospita le
mostre pubbliche.
Innanzitutto le tre edizioni della Biennale
romana (1921, 1923, 1925), che allestite nel
momento di trionfo del gusto neoclassico,
rispettano l'architettura interna piacentina
ricca di trabeazioni, capitelli e colonne.
E' in occasione delle Quadriennali che gli
ambienti vengono ampiamente modificati in base
alle esigenze espositive, proponendo un
interessante campo di confronto fra architettura
ed arti figurative. Tra gli architetti che si
dedicano all'allestimento delle Quadriennali
troviamo Enrico Del Debbio, autore del primo
sostanziale riammodernamento del Palazzo, Pietro
Aschieri (autore della Rotonda), Eugenio
Montuori. Le loro soluzioni, come del resto molta
architettura del periodo, viaggiavano a metà
strada fra retorica monumentale e razionalismo. A
proposito della edizione del 1935 nota Eduardo
Persico:" Non era possibile che Aschieri o
Montuori gareggiassero con la Galleria dei Fasci,
il capolavoro di quel gusto che fra Muzio e Piacentini si può chiamare
"novecentista"; né che rifacessero il
vecchio palazzo di via Nazionale con lo stesso
rigore con cui Karl Schneider ha rammodernato in
un edificio dell'ottanta la sede del
'Kunstverein' di Amburgo: si poteva pretendere,
però, che restassero all'argomento che si erano
scelto. Pittura, scultura, architettura: stile
'italiano'. Ma non potevano restarci senza cadere
nella retorica; quella che i pittori e gli
scultori della Quadriennale hanno, invece,
respinto dalle loro opere".
Anche più incisivo appare l'intervento degli
architetti nel caso della Mostra della
Rivoluzione Fascista (1932). Per celebrare il
decennale della Marcia su Roma vengono chiamati
Mario de Renzi e Adalberto Libera, che mascherano
la facciata con un arco trionfale e giganteschi
fasci littori. All'interno la scenografica
ricostruzione delle vicende storiche della
"Rivoluzione" è affidata ad un gruppo
non omogeneo di artisti ed architetti, tra i
quali spiccano Mario Sironi, Mino Maccari, Achille Funi, Leo Longanesi, Giuseppe Terragni, Libera e Valente.
Il culmine di queste modifiche scenografiche si
ha con l'allestimento della "Mostra Augustea
della Romanità", curata dall'architetto
Alfredo Scalpelli nel 1937, in sintonia con la
propaganda elettorale del Regime.La facciata come
ricorda A.M. Liberati Silverio: "riproduceva
l'Arco di Domiziano di File, realizzato secondo
le tendenze modernistiche dell'epoca. Sui quattro
pilastri del corpo centrale erano colossali
statue di barbari prigionieri, sulla chiave di
volta del fornice la riproduzione della Vittoria
di Metz, mentre nei due corpi laterali venivano
riportati tradotti in Italiano , sei brani di
autori classici, esaltanti l'amor di patria dei
romani e la loro opera di civiltà nel
mondo"
Bibliografia: Il Palazzo
delle Esposizioni, catalogo della Mostra a
cura di AA.VV, Roma 1990
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