Autore: Carlo Socrate
Titolo:
Portatrice di frutta, 1924
Dimensioni:
cm.50x49
Tecnica:
olio su tavola
Collezione:
Collezione privata

"Non avvicino una volta la tavolata canonica dei giovani e promettenti pittori italiani senza avvertire in essi una pertinacemente affettata, e per me sempre meravigliosa, noncuranza per la professione ch'è loro e persino un accurato mestiere del celarla sotto altre doti. Poco tempo e piccola spesa importa una cernita che intenda a distribuire tra di essi codeste surrogazioni d'officî. Presto individuato è il pittore che con buona competenza discetti di cinematografo, e quale adibito per tutti alle umili mansioni di suggeritore musicale, quale riconosciuto esperto in evocazioni - miste di didascalie ritmiche e di spunti vocali - dei meriggi più lietamente vacanti, o più sordamente feriali, e quale ancora prodigo nel dibattere di tavola e di donne. Che semmai vi accadesse, alla fine, di sentirne uno parlar propriamente di pittura, potrete star certi di aver ravvisato tra tutti, il pittore Carlo Socrate. Non già che il Socrate non parli, né si pari d'altra competenza che di pittura; egli prescriverà, se occorra, a un collega gracile un savio regime dietetico; consiglierà all'agente di banco il miglior titolo di borsa; Alarcon, Lope e Tirso non gli sono ignoti. Ma il suo cuore batte con più frequenza, e appare all'aperto, e parla, quando il decoro della pittura batta tre colpi con la zampa spiritata del tavolino d'Aragno. Parla, e non v'è indignazione iniziale che noi si risolva prestamente in un'apologia epidittica intendo per alcuno dei vecchi maestri; cui il Socrate ama esprimere a questo modo la sua inalterabile reverenza, cosi, a indice ritto, e senza alcuno di quegli infingimenti civettoni con cui i primitivisti - proprio loro! - ai nomi del S'assetta o di Masolino, guardan fuori dei vetri e prendon l'aria del cosestato, ch'è poi l'aria più scema di questo basso mondo. [...] Al Socrate son toccate in sorte le sorti più impensate e contraddittorie, in questi suoi dieci anni di soggiorno italiano, con intermezzi forestieri. Abitare a Roma, nelle vicinanze dell'impressionismo all'Andrea del Sarto dello Spadini, e, come spadiniano, dipingere a modo proprio, con pochi toni, più giusti che si può, dei paesaggi verdi e grigi; aspettar la pioggia e il tempo velato, come lo Spadini aspettava il sole e il sereno; ammaestrare assai presto di probità pittorica alcuni colleghi stantii e vedersene ripagato con supercilio e cattiva pittura; dipinger tre sedani e due cipolline su un tavolo di legno venato con una perizia da commuovere l'Ojetti e ricevere invece l'accolade come provetto scenografo da Bákst e da Picasso; allagare allora con secchie di colori, chilometri di scenari d'apocalisse in un atelier di Montparnasse e, tra le quinte dei balletti russi, parlare nostalgico, concitato al macchinista, circa un tronco rugoso di Villa Borghese da racchiudere al più presto entro una ben preparata tavoletta di pochi centimetri; passeggiare al Prado con Picasso, e riceverne, invece che ammaestramenti cubistici, sagge delucidazioni sui neri inalterabili del Velázquez o su focoso genio del Rubens".

Roberto Longhi, 1926