UGO OJETTI
Roma 1871 - Firenze 1946;
critico e letterato Dal padre, noto architetto, trae
un'inclinazione per le arti figurative e i problemi di estetica. Esordisce come poeta e
narratore alla fine del secolo, ma ottiene il successo come giornalista e critico
darte. Tra le figure di organizzatori culturali che calcano la scena artistica e del
regime, Ojetti si distingue per le sue camaleontiche caratteristiche. Piero Gobetti lo
definisce "maestro raffinato delle belle maniere e dellarte del successo,
insuperabile nella magra arte dellarrivare"; Mino Maccari lo bolla come il "sor Ugo senzasugo"
dedicandogli parecchie vignette satiriche ne "Il
Selvaggio" ; dalle colonne de "LItaliano" viene definito
"vegetariano della letteratura, ovvero mezzana degli antiquari". Del resto in
questi anni il termine "ojettismo" viene usato per definire una certa maniera di
fare cultura assecondando e sfruttando il potere. Agli inizi degli anni Venti, ha
cinquantanni, è collaboratore del "Corriere della Sera" (ne diventerà
direttore nel 1925), fonda la rivista "Dedalo", dove in ogni fascicolo dedica un
articolo a un giovane artista .Inizia a sostenere la nuova corrente del "ritorno
allordine": nel 1921 organizza alla Galleria Pesaro di Milano la mostra
"Arte Italiana Contemporanea", unabile scelta bilanciata tra i maestri del
tardo impressionismo ottocentesco e i giovani artisti. Nel 1924 presenta , nella stessa
galleria, la mostra "Venti Artisti Italiani", comprendente i migliori artisti
del "Realismo magico" in tutte le sue accezioni e declinazioni geografiche: de Chirico, Casorati, Menzio, Chessa, Guidi, Donghi , Trombadori, Oppo e
Trentin. Ojetti appoggia gli esponenti di questa tendenza per tre "ragionevoli"
motivi: primo perché fondano la loro arte su valori antichi, poi perché studiano il
mestiere e la figura umana, rispettando ognuno i confini di ciascuna arte. Ma la causa
principale è nel mondo che sta sterzando a destra verso "lordine, la
disciplina e la pace".
Per quanto riguarda i suoi rapporti con gli artisti romani , è da segnalare soprattutto
il sostegno offerto al giovane Antonio Donghi nel
corso degli anni Venti.
Nel 1930 diviene accademico d'Italia. Inoltre fonda e dirige "Pegaso" (1929),
"Pan" (1933). Un testo autobiografico, dal titolo Sessanta, compare nel
1937.
Bibliografia. F.R. Morelli, Critica e storia, in Realismo magico,
catalogo della mostra a cura di M. Fagiolo, Verona- Milano 1988-89 |